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Di una domenica sera al Fabrique

Michele Bravi ha una storia bella. Da Tesorino, vincitore con una canzone di Tiziano, a quello showcase bello, otto mesi dopo, sul tetto di un albergo che oggi è all’angolo del mio ufficio, a un album ascoltato da pochi, a un riprovarci, in inglese. Fino a YouTube, quando è ripartito. E poi Sanremo dell’anno scorso che è andato super bene. Michele Bravi l’ho incontrato spesso in questi anni, anche per caso dietro casa. È logorroico, credo sia risaputo. Parla parla parla. E di cose da dire ne ha anche tante. Poi si emoziona. È uno che piange facile. E insomma, gli si vuole bene, è altrettanto facile, come le sue lacrime. Eppure live non lo avevo ancora visto. Ecco, live è diverso. Sul palco sta bene. Rimane lui. Ma con più colori. Felice di aver preso la macchina sotto il diluvio, aver attraversato la città, e averlo ascoltato. Ho guardato il suo pubblico. Ho ascoltato le sue canzoni, anche quelle nuove. Ho aggiunto un pezzetto in più all’immagine che ho di lui. E mi è piaciuta.

 

 

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